01.07.1901 – 18.07.1972 – Focolarina Sposata e Serva di Dio
“Portate gli uni i pesi degli altri” ( Gal.6,2 )

Albertina conobbe l’Ideale nel 1949, insieme a suo figlio che diventerà poi focolarino, Maras. Subito ne rimase presa e si mise a viverlo nella cittadina dove abitava, Carpi, suscitando dappertutto una grande partecipazione. Dal Vescovo alle persone delle categorie sociali più umili, moltissimi furono quelli che conobbero il Movimento trascinati dalla sua convinzione e dalla sua carità. Poi subentrarono tante difficoltà perché  il Movimento non era ancora stato approvato dalla Chiesa e la piccola comunità fu messa a dura prova. Non si poteva parlare ma solo amare e questo Albertina lo fece con uno slancio ed una continuità impressionanti. Tutte le occasioni erano buone: dalle lezioni private che lei, quale insegnante, dava gratuitamente, alle opere di assistenza ai poveri e agli ammalati, nei quali vedeva il volto di Gesù Abbandonato.

Agli inizi degli anni ’60, quando nacque Loppiano, Albertina vide in questo l’opportunità di far conoscere il Movimento a centinaia di persone. Le accompagnava ogni domenica, organizzando a sue spese pullman per gruppi di  persone alle quali mostrava la realtà di questa cittadella che parlava da sé…

Aiutò Loppiano anche con abbondante provvidenza, la più varia – dai generi alimentari al vestiario – e questo permise, specie in quei primi anni, di portare avanti la vita della cittadella che, per svilupparsi, abbisognava di tutto.

Un giorno che Albertina era venuta a Loppiano accompagnando , me al solito, un gruppo di persone, fu colta da malore per cui non poté ritornare a casa . Sorsero poi altre complicazioni per cui non partì più da Loppiano.

Fu l’ultimo anno della sua vita e lo passò qui offrendo a Dio per tutta l’Opera le sue sofferenze. Alle persone che la visitavano offriva il suo sorriso che nasceva dal trasformare tutto in amore.

Nonostante l’infermità aiutò in molti modi concreti varie persone; tutti la ricordano ancora come una presenza soprannaturale, delicatissima e forte al tempo stesso, che coinvolgeva quanti la incontravano.

Ha avuto una forte esperienza prendendo l’olio degli infermi. Diceva:”…Sono così belle le parole di questo sacramento che la morte non fa paura, è bella, si sente che è Dio che ti accompagna e ti sostiene: non ti aiuta solo a morire ma a vivere” Quello stesso giorno aveva detto: “Non ho mai patito tanto come oggi per i dolori, ma ho la gioia dello Spirito”. Un giorno che si dovette ricoverarla all’ospedale di Firenze, Chiara, che la conosceva bene, andò a trovarla e le propose una consacrazione totale come le focolarine. Cosa che avvenne il mattino dopo su quel letto di corsia diventato ormai un altare.

Quindici giorni dopo Albertina fu portata in un ospedale di Roma dove Chiara andò di nuovo a trovarla. Essendo però in sala di rianimazione nessuno poté entrare, eccetto il figlio  medico. Quando Albertina seppe della presenza di Chiara esclamò: “Quanti pesi, quanti pesi ha Chiara… voglio aiutarla a portarli”. Furono le ultime parole che disse; poco dopo entrò in agonia e nella notte spirò.

Chiara ci fece poi sapere che effettivamente quel giorno aveva un grosso peso a causa di una grave difficoltà che sembrava non potesse risolversi. E non solo Albertina l’aveva intuito, ma glielo aveva tolto. Per questo le ha dato come Parola di Vita :”Portate gli uni i pesi degli altri”. E nel diario di quei giorni Chiara parla di morte d’amore e suggerisce di rivolgersi alla sua intercessione quando ci sono delle croci  che superano le nostre forze.