30.07.1893 – 27.08.1976 – Focolarino Sposato
“Il figlio dell’uomo è venuto a cercare ed a salvare ciò che era perduto” (Lc 19, 10)

Paolo nasce in Belgio. “Ero il più giovane di sette fratelli e sorelle e tutti si interessavano all’arte: musica, pittura, letteratura. In questo clima si sviluppava il mio gusto per la bellezza e l’armonia ma anche una grande vulnerabilità alla crudeltà della vita dalla quale non sono stato risparmiato.”

Finita la prima guerra mondiale nella quale è chiamato a combattere, Paolo incontra una ragazza con la quale forma una famiglia. “Ci siamo sposati – for better, for worse – come si dice in inglese e sono diventato marito e padre. Abbiamo conosciuto molte giornate di sole ma anche molte, e di più, giornate di buio. Crescere sette bambini, lottare contro malattie fisiche e morali, dibattersi per sovvenire ai bisogni della famiglia, conoscere avversità negli affari, incompatibilità di carattere ecc. ecc. … tutti sappiamo che sotto il cielo matrimoniale il barometro non segna sempre tempo bello”.

Eppure “… la sofferenza mette nell’ombra tutte le cose secondarie e ci mette davanti all’essenziale, davanti a Dio che è l’Unico capace di aiutarci, che, se anche non toglie il dolore, è l’Unico che può darci la forza, la speranza, il coraggio di tenere duro…”.

A settant’anni conosce l’Ideale attraverso suo figlio. Per questo da allora si presenta sempre dicendo: “Sono il figlio di mio figlio!”. Per lui comincia una vita nuova, anche se all’inizio non è facile. Racconta lui stesso: “Facevo un passo avanti due indietro: l’abitudine è una cosa difficile da cambiare … ” Crede con convinzione che è possibile rinascere, per questo chiede a Chiara di fare la scuola a Grottaferrata.

Così si trova a condividere la vita quotidiana con gli altri focolarini, senza privilegi e riserve, da “fratello anziano” come lui stesso dice. Si sente il più piccolo di tutti e per questo Chiara gli dà come nome nuovo Paolo che vuol dire piccolo. Dopo un anno è a Parigi, poi in Belgio ed ancora in Olanda, non a riposare ma lanciato nell’avventura quotidiana di chi ricomincia sempre ad amare.

All’età di 76 anni arriva a Loppiano e qualche tempo dopo scrive: “Il mio raggio sta arrivando nel seno del Padre. Sono contento di aver pagato la prima pietra di questa città. E’ facile dare i soldi, più importante è dare la vita. Sono contento di morire a Loppiano, in questo luogo dove soffia lo Spirito. E’ un luogo dove ci si purifica, dove ci si prepara, è il noviziato alla vita di lassù”.

A Loppiano lavora come bibliotecario e non fa fatica a sentirsi giovane con i giovani ai quali ricorda: “La pace interiore, la più bella è quella che è stata filtrata dal dolore. Ringrazio Dio di tutte le prove che ho avuto e ne ho avute tante. Devo lottare contro condizionamenti che ho avuto da quando ero bambino, ancora adesso. E’ la lotta perpetua fino all’ultimo respiro: non è mai finita! Però c’è la grazia di Dio … Sono stato un pessimista e non senza motivo. Ho avuto una vita durissima. Adesso sono ottimista perché ho trovato un prisma attraverso il quale vedo tutto trasformato: questo prisma si chiama amore …”

Un giorno, raccontando la sua storia, dice, a proposito della sua esperienza in famiglia: ” … forse non c’è pena più grande che di trovarsi impotente dinanzi alle sofferenze dei propri figli. Ebbene, ho potuto superare tutto questo pensando all’esempio della Madonna nel suo Stabat doloroso ma virile vedendo morire il suo Figlio che era Dio”.

Era ammalato di cuore ed una volta si confida con qualcuno: “Tu sai che quasi ogni giorno ho una crisi cardiaca e ne sono grato a Dio che mi permette in questo modo di fare della mia giornata una Messa continua”.

Non sapendo quanto gli resta da vivere, da un colloquio con Chiara prende la sua ultima regola di vita: “vivere l’attimo presente con intensità”. Gli ultimi giorni li trascorre riposando assieme ai focolarini del Genrosso in un’aria soprannaturale, con Gesù in mezzo. Ospiti in una villa sul Garda la sera prima di partire ringraziano la signora che li ha ospitati facendo un po’ di festa. Paolo canta con tutti la canzone “Ama” e non dimentica di lasciare una cartolina con un bellissimo ringraziamento alla padrona di casa. Al mattino seguente la partenza viene un po’ ritardata e Paolo già pronto e ben vestito, secondo il suo stile, va in camera. Si sente male e, come sempre, senza pesare su nessuno, prende una pasticca per il cuore. Quando i focolarini lo vanno a chiamare, Paolo è già in Paradiso: ha il volto sereno, ha fatto in tempo a sdraiarsi sul letto ed ha in mano il rosario. Si può dire che ha raggiunto il suo desiderio: “Voglio testimoniare alla fine della mia vita che Dio è amore”.

Chiara invia un messaggio a Loppiano in occasione della sua partenza: “Carissimi tutti di Loppiano, Paolo già ci sorride dal Paradiso. State felici d’aver concorso a dare con la vostra cittadella di Loppiano la gioia agli ultimi anni di una vita che ha tanto sofferto e si è meritata, vivendo d’amore, di salire al Cielo senza accorgersi. Ora noi preghiamo per lui, ma preghiamo anche lui perché ci sembra di vederlo già accanto a Dio e alla Madonna. Che egli ci protegga tutti, ci suggerisca nel cuore le sue parole così piene di sapienza e di esperienza. E’ partito senza scomodare nessuno con quella grazia che gli era propria. Ora attendiamo di rivedere il suo sorriso in Paradiso, dopo la resurrezione che verrà se siamo degni. Chiedetegli tante grazie, ma soprattutto quella della perseveranza finale per raggiungere con lui tutti i nostri – così numerosi – lassù.”

Racconta Lieva Vandenbroeck, del Belgio: «Mio padre era venuto a trovarmi a Loppiano un mese prima e col suo carattere aperto e gioviale, aveva fatto amicizia con tutti. Quel giorno Renata mi chiamò, voleva parlarmi. Subito intuii che era successo qualcosa di grave. Il mio pensiero corse al mio fratello più piccolo, affetto dalla sindrome di down. Renata piangeva, non riusciva a dirmi niente. Io le facevo delle domande alle quali mi rispondeva con un sì o con un no. Poi, capii: mio padre era morto improvvisamente per un infarto. Pur sentendo 

Io le facevo delle domande alle quali mi rispondeva con un sì o con un no. Poi, capii: mio padre era morto improvvisamente per un infarto. Pur sentendo

Racconta Lieva Vandenbroeck, del Belgio: «Mio padre era venuto a trovarmi a Loppiano un mese prima e col suo carattere aperto e gioviale, aveva fatto amicizia con tutti. Quel giorno Renata mi chiamò, voleva parlarmi. Subito intuii che era successo qualcosa di grave. Il mio pensiero corse al mio fratello più piccolo, affetto dalla sindrome di down. Renata piangeva, non riusciva a dirmi niente. Io le facevo delle domande alle quali mi rispondeva con un sì o con un no. Poi, capii: mio padre era morto improvvisamente per un infarto. Pur sentendo Racconta Lieva Vandenbroeck, del Belgio: «Mio padre era venuto a trovarmi a Loppiano un mese prima e col suo carattere aperto e gioviale, aveva fatto amicizia con tutti. Quel giorno Renata mi chiamò, voleva parlarmi. Subito intuii che era successo qualcosa di grave. Il mio pensiero corse al mio fratello più piccolo, affetto dalla sindrome di down. Renata piangeva, non riusciva a dirmi niente. Io le facevo delle domande alle quali mi rispondeva con un sì o con un no. Poi, capii: mio padre era morto improvvisamente per un infarto. Pur sentendo