Giornalista, uomo di cultura dall’arguzia simpatica e garbata, pioniere dei Focolari, sposo e padre attento e premuroso, costruttore instancabile di rapporti di unità.

Alcuni lo ricordano come “l’uomo del rapporto”, perché ha sempre gettato ponti in vista di una reciprocità che unisse le persone. Un uomo del nostro tempo, che ha lasciato un’impronta nelle persone e nei luoghi con cui è venuto in contatto.

Nato nel 1924 a Cortona (Italia), Spartaco è stato innanzitutto un uomo di preghiera. Fin da ragazzo manifesta una forte propensione per “le cose di Dio”, nonostante l’opposizione del padre. E la fede lo porta, via via, ad amare ogni prossimo come un fratello. Da qui, nasce l’acuta sensibilità sociale che caratterizzerà tutta la sua vita. Subito dopo la guerra, lo troviamo, laureato in scienze economiche, impegnato nell’Azione Cattolica fiorentina e terziario dei “Servi di Maria”. Ed è proprio un padre servita che lo mette in contatto con i primi focolarini, da poco arrivati a Firenze. Un avvenimento, come dirà in seguito “imprevisto e determinante” cambierà la sua vita: l’incontro con Silvana Veronesi, una delle prime compagne di Chiara, che gli comunica l’ideale dell’unità. Quel “che tutti siano uno” di Gesù, lo affascina. Decide di impegnare le sue forze per contribuire a realizzarlo.

In quel 1949 Spartaco si sposa con Lalla. L’incontro con i Focolari illumina tutto di una luce nuova: la vita precedente, quella della famiglia appena iniziata, la carriera.

Come Igino Giordani, primo focolarino sposato, Spartaco comprende presto che anche lui, nella forma possibile alla sua condizione di sposato, è chiamato a donarsi completamente a Dio vivendo il Vangelo come focolarino.

È autore di innumerevoli articoli, saggi e libri, consigliere comunale, giornalista e direttore della rivista “Città Nuova”; lo troviamo a fianco a Chiara Lubich nella nascita di “Famiglie Nuove”, l’allora nascente irradiazione della spiritualità dei Focolari nelle famiglie, per seguire le quali si trasferisce a Roma con i suoi.
A qualcuno che gli aveva chiesto quale fosse il segreto di certe sue inchieste, scrisse di getto: “Il mio segreto è che non vedo i fatti ma le persone che vi sono coinvolte. Non le sfrutto, cerco di amarle come sono. (…) Mi sono fatto un chiostro dentro l’anima. Al mattino nella comunione ci metto Gesù e a custodia ci metto Maria, poi durante la giornata cerco di conversare con loro. (…) Trovo che nulla mi avvicina a Maria quanto il perdermi nelle persone che incontro, nel vivere i loro problemi.”

Nei molti impegni, un posto privilegiato ha, sempre, la sua famiglia. I cinque figli ricordano che per la mamma “aveva delle attenzioni di una delicatezza incredibile”; “quando avevo qualcosa dentro che non andava, il babbo se ne accorgeva sempre e alla fine gli dicevo tutto quello che avevo”; “sapeva sempre mettersi al livello del più piccolo. Ricordo che giocava spesso con la mia sorellina: lo fanno tanti papà, ma bisognava vedere come lui lo faceva!!.

Proprio in partenza con la moglie per una vacanza in Terra Santa, un attacco di fegato rivela la malattia che lo porterà in Cielo in meno di due anni. Ai ricoveri e agli interventi, si alternano momenti di riposo a Cortona. “Ecco – scrive allora – il senso della mia vita è adesso ben chiaro. Posso arricchirmi di Lui, amando di più. Solo l’amore arriva a tutti, nella Terra e nei Cieli. Costi quel che costi: l’amore non ha prezzo.” 
Il suo ultimo pensiero fu per la prima cooperativa agricola che stava nascendo nella cittadella di Loppiano e poi, ancora una volta, come era solito dire: “Coraggio!”. 

Qualche giorno dopo la sua morte, Chiara Lubich parlerà di lui: “Un monumento di santità focolarina”. “Su quel letto che porta un corpo e non più un’anima, nessuno riesce a capire la morte, ma tutti avvertono invece cos’è la Vita.”

Per saperne di più – “Coraggio. Inchiesta su Spartaco Lucarini” di Alfredo Zirondoli (Città Nuova Ed.) 
Dal sito Economia di Comunione: Volti della storia

Spartaco & Giordani