05.06.1924 – 23.11.1975 – Focolarino sposato
“Signore, mi hai consegnato cinque talenti, ecco, ne ho guadagnati altri cinque.” (Mt 25,20)
Spartaco, nato a Cortona, si era laureato in scienze economiche, lavorando anche come giornalista. Si era poi sposato con Lalla e divenuto padre di cinque figli. Nel 1949 aveva conosciuto il Movimento dei Focolari nella cui spiritualità aveva trovato la risposta più attuale e stimolante alla ricerca angosciosa del mondo d’oggi. Divenuto membro intimo di questa famiglia come focolarino sposato, fece parte del Consiglio Generale del Movimento come corresponsabile del movimento Famiglie Nuove.
Dal 1957 fu direttore responsabile del periodico Città Nuova che seguì con la massima dedizione e competenza fino ai suoi ultimi giorni. Collaborava poi con l’Osservatore Romano ed altri giornali e periodici, divenendo anche membro del consiglio direttivo nazionale dell’Unione Editori Cattolici Italiani.
Ha scritto una serie di libri con cui ha aggredito problemi tra i più assillanti della nostra società. Ha collaborato con la Radio Vaticana in numerose serie di trasmissioni e fatto diversi interventi alla Rai, svolgendo una instancabile attività di coscientizzazione dei cattolici in campo politico, economico, sociale, partecipando a convegni, dibattiti, tavole rotonde e tenendo conversazioni a vari livelli.
La grave malattia, che lo porterà alla morte, si è manifestata verso i 50 anni, costringendolo a subire un serio intervento chirurgico e a diradare la sua infaticabile attività. Alla sua partenza per la Mariapoli Celeste, Chiara si è così espressa:
“… Se Dio ha fatto una creatura così ricca di doti e poi se l’è presa nel pieno della vita, questa è una testimonianza che il Paradiso esiste.”
E ha inviato a tutti i focolari del mondo un telegramma:
“…Il Cielo ha desiderio dei nostri migliori focolarini. Anche Spartaco Lucarini è partito per il Cielo. Siamo sconvolti dal dolore, ma crediamo all’amore di Dio che chiama a disegno compiuto.”
Riportiamo alcuni stralci di un ampio e commosso servizio che Città Nuova ha pubblicato :
“Caro Spartaco, abbiamo lavorato tanti anni fianco a fianco in redazione, ed era diventata come una famiglia, dove ci si poteva dire tutto, senza timore di non capirsi, di toccare suscettibilità, perché già prima ci eravamo intesi che tutto sarebbe stato pensato, detto e fatto per aiutarci, per portare ognuno il proprio contributo di idee, di umanità, di vita, di anima, per trovare insieme una linea comune, che fosse ispirata ai motivi ideali per cui ‘Città Nuova’ era nata…
… Tu sentivi l’urgenza della storia, in cui ognuno di noi ha oggi – nella società in trasformazione – le sue grosse responsabilità da giocare e il dovere di far fruttare i propri talenti: e lo sentivi nel senso evangelico del termine. Tu i talenti, ed i tuoi erano tanti, non li hai tenuti in saccoccia. Se sei andato nel Regno all’alba dei cinquant’anni, è anche perché non ti sei mai risparmiato, hai lavorato sempre sul filo estremo delle tue possibilità.
Tutto questo ci hai insegnato, Spartaco, a noi della redazione, e abbiamo coscienza che questo tuo contributo sarà difficilmente sostituibile. Ma ne facciamo tesoro.
… Ci è rimasto di te il modello di uno che, nonostante gli studi e l’esperienza, era rimasto straordinariamente giovane nell’anima. Tutto ti interessava, t’incuriosiva, ogni realtà umana aveva per te importanza, non riuscivi a pensare che ci fosse qualcosa che non avesse a che fare con il cristiano, perché tutto è di Cristo. E ti urgeva dunque dentro, in quella tua autonomia di laico che il Concilio ha confermato, la spinta a incidere per la tua parte su tutte le situazioni culturali, politiche, sociali…
Così nel campo della famiglia e dei grossi problemi che si agitano oggi in essa – l’aborto, il divorzio, la paternità responsabile, l’educazione sessuale e familiare – cercavi di cogliere risposte che non fossero ‘ di parte ‘ , ma che scavassero nel profondo e suggerissero soluzioni non artificiose, rispondenti alle esigenze dell’uomo che tu sapevi bene redento da Cristo.
Anche qui c’era una strettissima convergenza tra quel che scrivevi e quel che vivevi. Tu avevi saputo essere un punto di unione, di forza, di fiducia nella tua famiglia, nell’amore alla tua sposa, nei rapporti coi tuoi figli. Avevi saputo fare, per esempio, una cosa che nel ‘ difficile mestiere di padre ‘ ( è il titolo di un tuo libro ) poi proponevi a tutti i padri: diventare un amico dei tuoi figli, trovare con loro un rapporto vero, senza distanze generazionali, da uomo a uomo. Ed essi l’avevano, questa fiducia piena, intima, con te, nelle difficoltà dell’età. Ci diceva uno di loro: “ Mio padre non merita di essere tradito .” Ed eri stato un compagno premuroso, pieno d’amore per la tua sposa: avevi saputo metterla al suo posto di donna, a te pari, perché avesse spazio nell’esprimere i suoi talenti, come te, anche oltre i limiti della famiglia.
Il concetto altissimo che avevi del matrimonio, lo dici in una bellissima lettera che le hai scritto quando eri in ospedale: “ Il Signore ci capisce sempre; ed è logico che dobbiamo amarlo più di noi stessi. Quanto più amo Lui, tanto più amo te, non per carità, ma perché la fonte di ogni amore è Lui; non c’è contrasto fra ciò che Lui ha unito e l’amore che lui vuole da noi. Chiediamo dunque di amarlo per amarci. Comprendi? “
E avevi lavorato con impegno nella formazione delle famiglie. Tra gli amici ‘focolarini sposati’ e nel movimento ‘Famiglie Nuove’ avevi profuso quelle tue energie, quella tua preparazione e quella tua esperienza cristiana.
C’era in te una fedeltà assoluta, senza incertezze, all’ispirazione che aveva dato vita al Movimento dei Focolari; lì era il fondamento del tuo coraggio. “ Coraggio! “ era la parola che spesso ripetevi agli altri, negli ultimi mesi, e che comunicava veramente fiducia, perché era credibile in te, e ancor più da quando una grave malattia ti aveva costretto ad una operazione molto seria e nonpertanto continuava il suo corso contro tutti gli sforzi dei migliori medici. Sei rimasto egualmente, fino all’ultimo, sulla breccia. Anche l’ultima notte, nel delirio della febbre, chiedevi una macchina da scrivere… Coraggio è la parola che ci hai lasciata, a noi che ancora non abbiamo raggiunto con te la meta. Era il tuo slogan, la tua bandiera.
Scrivesti, un anno e mezzo fa, dopo l’intervento chirurgico subito a Parigi (e lo facesti in francese, tanto era spontaneo per te immedesimarti con gli ambienti) : “Chi vuol prendere la sua croce… Questa è avventura divina, è l’avventura di Dio, che non ha passato o futuro, ma che è l’eterno presente. Dunque io mi situo, dimoro in Dio nel seno del Padre, vivendo l’avventura del Regno: è la gioia di vivere il presente che vive Dio. Io posso arricchirmi di Lui, dilatare la capacità della mia anima amando di più. Solo l’amore arriva a tutti; nella terra e nei cieli. Come comprendo quello che fu capito da Teresa di Lisieux: l’amore è tutto. Essere l’amore è adempiere ogni compito nella Chiesa e nel mondo; ogni compito missionario e ogni compito di elevazione e di promozione umana. Bisogna radicarsi nell’amore, come l’albero che vuole resistere alle tempeste getta le sue radici in profondità sotto terra. Costi quel che costi: l’amore non ha prezzo”.
E in un postscriptum diretto ad un convegno di ‘Famiglie Nuove’ al quale eri costretto a mancare, chiedevi per te “tre cose“: il distacco dal mondo, l’unione con Dio, l’umiltà. Oltre all’amore per i fratelli”.