La mia nuova vita

17 Nov 2020 | Renata Borlone

Nella sua autobiografia, così, Renata Borlone ricorda l’incontro che le cambiò la vita… Era l’8 maggio del 1949, giorno che lei definirà “straordinario”. Partecipa ad un incontro a Roma, dove Graziella De Luca, una delle prime compagne di Chiara Lubich, parla della riscoperta di Dio-Amore e della nuova vita evangelica iniziata a Trento, mentre infuriava la guerra. 

«Cercavo Dio nelle opere d’arte o nella musica, oltre che nelle scienze esatte. Sentivo dire che nei grandi artisti, nei musicisti poteva riflettersi una scintilla del genio di Dio. Io stessa avvertivo, per esempio, di fronte a Beethoven qualcosa che mi trascendeva, mi elevava, quasi operasse in me una meravigliosa catarsi. […] L’effetto benefico, però, durava poco. Intuivo vagamente che tutto quello che veniva dal di fuori di me poteva illuminarmi, come un riflesso, scaldarmi come un fuoco che lambisce, ma non penetrarmi. La volontà faceva una virata debole e poi continuava a procedere come prima, senza troppi cambiamenti.

Arrivò la mattina dell’8 maggio 1949. Entrammo in una stanza dove già si era radunato un altro piccolo gruppo di giovani. Seduta su una sedia con i braccioli scorsi Graziella. Aveva allora 24 anni. Coronavano il suo viso due bellissime trecce bionde. Mi misi di fronte a lei, che continuò il discorso già iniziato. Aveva un linguaggio semplice e misterioso insieme. Parlava di sé, delle sue compagne, condendo il suo parlare con le parole di Gesù: “Beati coloro che piangono perché saranno consolati”. L’impressione mia, mentre l’ascoltavo, fu che l’anima si sciogliesse. Ebbi l’intuizione di Dio Amore. Non fu il frutto di un ragionamento, ma un’esperienza di Lui, luminosa, calda, che penetrò fin nelle fibre più profonde del mio essere. Piansi dall’inizio alla fine. Sentii Dio vicino; mi cadde l’immagine di Lui, come l’avevo avuta fino ad allora: giudice, che castiga i cattivi e premia i buoni. Uscii con un senso di leggerezza straordinaria, come quando da bambina mi ero confessata per la prima volta, ed avevo sentito cadermi di dosso tanti pesi. Le mie compagne mi guardavano; commentavano; non capivano un cristianesimo così esagerato… quell’incontro sapeva di protestantesimo… una ragazza che parla del Vangelo… Non risposi nulla; mi sentivo trasformata, un’altra persona. Corsi per tutta Via Nazionale; arrivai a casa.

Era cominciata in quel momento la mia nuova vita.

[…]

Si avvicinava luglio e io feci gli esami di maturità; mi muovevo nella nuova vita come un bambino che ogni tanto prova a camminare e inciampa e cade. Ebbi una delle medie più alte di tutta la scuola. Avevo raggiunto un traguardo, da alcuni anni sognavo l’università, la facoltà di chimica, e tuffarmici dentro! Il laboratorio, la ricerca, la scoperta: tutta la vita; sì, tutta la vita. Valeva la pena posporre ogni cosa per dedicarsi alla scienza, per penetrare quella che definivo l’intima essenza delle cose. Fino ad allora era stata quella la via, la sola, che mi avrebbe condotto a Dio.

Quasi come premio per la meta raggiunta mi ero prefissa una visita di Roma ed un viaggio ad Assisi.  Nell’ultimo incontro con Graziella avevo sentito dire che i primi di ottobre qualcuna del gruppo vi si sarebbe recata. La basilica di S. Francesco, Giotto… ma ormai mi sentivo spinta irresistibilmente alla ricerca di altri volti… Ad Assisi guardavo le persone, qua e là, per ravvisare in qualcuna la luce che avevo visto negli occhi di Graziella. Papà mi aveva dato una somma che, per quei tempi, poteva essere considerevole… Era “mia”, potevo disporne come volevo, ma sembrava bruciarmi le mani. Distribuii tutto ai poveri che incontrai rimanendo con lo stretto necessario per tornare a casa.

Mi chiedevo come mai le opere d’arte non mi dessero quella soddisfazione interiore che avevo sognato; in fondo erano un riflesso di quel Dio che volevo incontrare nell’intima essenza delle cose. La domanda però mi affascinava solo a livello di ragionamento; nel mio essere già palpitava la risposta, anche se ancora debole e confusa: Dio dovevo cercarlo nell’uomo, in qualsiasi uomo».

da Renata Borlone, La gioia di essere tutta di Dio, Città Nuova 2011

 

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