L’ecologia integrale del Cantico delle Creature

10 Ott 2025 | Ecologia, Notizie, Vita

di Tamara Pastorelli

Per ricordare gli 800 anni del Cantico delle Creature, il 7 ottobre scorso, si è celebrata a Loppiano una “Messa per la Custodia della Creazione”. A seguire, una toccante rilettura del Cantico di San Francesco offerta dall’economista Luigino Bruni.

Alle 21:00, la sala B dell’Auditorium di Loppiano è gremita di persone. Hanno appena ascoltato l’interpretazione calda e solenne fatta dall’attore e sceneggiatore Walter Cerquetti del Cantico delle Creature.

«Francesco lo compose nel 1225 e lo cantò nella Porziuncola, ormai vicino alla morte, quasi cieco, in una cella infestata dai topi, divorato dal dolore fisico e da quello morale, per un ordine francescano da lui fondato che era già percorso da divisioni», racconta l’economista e scrittore Luigino Bruni, che offre ai presenti una rilettura de “Il cantico di Frate Sole”.

San Francesco, ricorda Bruni, scrive mentre soffre per le stimmate, ricevute l’anno prima, il 14 settembre 1224, sul monte La Verna. Così, compone «un poema d’amore, un canto sponsale, con cui celebra il suo matrimonio con Madonna Povertà». Un canto nato per essere cantato. «Noi siamo convinti, sicuri, che Francesco l’abbia cantato. Mons. Sorrentino, vescovo di Assisi, racconta che poco prima di morire, lo si sentiva cantare il Cantico nell’abitazione del vescovo, dove era ospitato», spiega l’economista. E aggiunge: «Il componimento nasce al culmine della vita di Francesco, dopo che ha baciato i lebbrosi e ha avuto l’incontro col Crocifisso». Per questo, chiarisce Bruni, «l’ecologia che loda i pianeti, compreso il nostro, che ama il delfino, la balena e la terra – e lo deve fare – ma non ama il povero e il lebbroso, non è l’ecologia di Francesco. L’ecologia di Francesco è integrale perché mentre chiama fratello il Sole, bacia il lebbroso. Come diceva papa Francesco, il grido della Terra e il grido del povero sono lo stesso grido».

Secondo Bruni, i luoghi migliori in cui leggere il Cantico sono «le periferie, le discariche, dove si trovano i molti Giobbe del nostro tempo. Solo in questi luoghi potremmo risentire la forza profetica di quell’antica e attualissima preghiera. Farla risorgere per liberarla dei buoni sentimenti che l’hanno sempre circondata. E poi metterla alla base di una nuova economia».

Infine, è la parola “umiltà” che sottolinea al termine della sua rilettura: «Il Cantico comincia con “Altissimu, onnipotente, bon Signore” e finisce con “humilitate”, umiltà, che viene da humus, dalla terra. Queste guerre nuove, questa crisi ambientale sono come un acufene, un ronzio etico nell’orecchio che riduce la gioia di tutti i giorni. Se in un mondo come il nostro non si può essere felici, però possiamo imparare a essere umili. Umiltà. Che questa nostra epoca sia un’epoca dell’umiltà».

La serata era stata preceduta dalla celebrazione di una Messa per la Custodia del Creato, secondo il nuovo formulario del Messale Romano approvato da papa Leone XIV.

I due momenti sono nati dalla collaborazione con l’Ufficio per l’ecumenismo della diocesi di Fiesole e con il Circolo Laudato si’ del Valdarno, in occasione delle iniziative dedicate al Tempo del Creato 2025.

«Ascoltare il grido della terra, ascoltare il grido dei poveri, ascoltare il grido dei giovani, delle nuove generazioni, ascoltare comunque anche noi stessi e il Creatore – ha commentato Leonardo di Nale, del Circolo Laudato si’ di San Giovanni Valdarno –. L’importante è creare reti. Perché solo insieme, solo facendo massa critica, queste cose possono avere un valore sociale e portare a quel mondo più bello e più giusto che voleva anche San Francesco, un mondo dove tutti si perdonano».

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