Alda Ghezzi

04.12.1953 – 13.03.2010 – Focolarina
“Rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità” (Fil. 2.2)

Uno dei doni più belli che Alda ha ricevuto nella vita è stata la sua famiglia, la culla che ha custodito e favorito lo svilupparsi delle sue doti umane e spirituali, una palestra di rapporti, di crescita, di allegria, di cultura.

Chi l’ha conosciuta la ricorda serena, di una bontà disponibile, con spirito di iniziativa, voglia di vivere, con la sua autonomia, l’appassionata apertura ai problemi del mondo contemporaneo e un po’ contestatrice.

L’ideale dell’unità, l’Ideale di Chiara, l’affascina e vive negli anni ’60 l’intenso periodo di fondazione del Movimento Gen.

Sono le gen, sue amiche di quel tempo a definirla così:

“Giovane amante dello sport e della musica, ricca di talenti, gioiosa con le sue battute argute che divertivano e ridimensionavano le difficoltà. Affascinata e pronta a seguire Gesù”

“Per quel pugno di ragazze che eravamo Alda è sempre stata un punto di riferimento sicuro, un esempio nell’amare senza misura, con una fede incrollabile nell’Ideale.”

“A me che mi descrivevo inadeguata, ha detto: “L’unica cosa che non possiamo davvero fare è non credere che lasciando spazio a Dio in noi possiamo farcela, ricominciando sempre”.

Mentre si avvia alla laurea in lettere Alda annuncia ai genitori che, appena laureata, andrà in focolare. Non vi danno un peso eccessivo: “Forse cammin facendo avrebbe cambiato idea”. 

Quell’estate si celebrano i venticinque anni di matrimonio dei genitori.

“I figli ci sono tutti – racconta ancora la mamma –  Alda organizza canti coi cugini, accompagnandoli con la sua chitarra e quella di Giovanni; canti religiosi e canzonette spiritose con cui vengono prese in giro certe manie della mamma e le sacrosante arrabbiature del babbo, senza tuttavia intaccare con l’ironia quella che è stata l’essenza della famiglia o almeno l’intenzione di viverla così: amarci, dare la vita, rendere felici i prossimi più prossimi. Pochi mesi dopo, il 17 novembre, la laurea in lettere. Si fece un bel pranzo e alle dieci di sera, come deciso prima, ci lasciò sentendo di dover realizzare in focolare la sua vocazione cristiana”.  

Dopo la scuola di Loppiano, Alda entra in focolare a Bari. Si dona senza misura e non si accorge di consumarsi oltre le proprie forze. Si rende così necessario un periodo di riposo che la aiuta a riprendersi. Provata nella salute, la sua vita è stata un continuo, fedele e gioioso rispondere con totalitarietà a quanto Chiara le aveva scritto nel giugno 1993:

“Sono con te nel trasformare ogni limite imposto dalla salute in amore, in carburante perché l’Opera vada avanti, e nel credere pienamente che tutto è predilezione di Dio per te”.

Anche il suo nome nuovo, Cares – da Eucaristia, esprimeva questa vita.

Dal 1983 Alda è nel focolare di Genova, di cui per un periodo è la responsabile. Così scrivono di lei:

“Alda è un dono prezioso per il focolare e costruisce la presenza di Gesù in mezzo sempre in maniera nuova. E’ molto generosa, sensibile alla sapienza e ama profondamente. Aiuta tutte ad andare dritte dietro a Dio come fa lei, seguendo Chiara nel Santo viaggio”.

E’ impressionante il numero di rapporti tessuti in questi anni con persone le più diverse. In questi giorni tutti quelli che sono venuti a salutarla, un numero interminabile, avevano da raccontare uno o molti episodi in cui si sono sentiti amati personalmente. Con la fiducia di un figlio in braccio al Padre a cui tutto è possibile, si faceva carico delle necessità che molti le confidavano, sicura che il Padre onnipotente non avrebbe mancato di rispondere. Poi si dava da fare concretamente, coinvolgendo altri nel suo circuito d’amore, come quando ha trovato i soldi per un prestito ad una persona in difficoltà o la badante per una persona anziana, il film adatto per un programma di ragazzi… l’elenco sarebbe troppo lungo.

Da anni seguiva con la stessa dedizione, una ad una le religiose aderenti al Movimento, con lettere telefonate, sms, email…infaticabili visite personali su è giù per la Liguria.

Una tra le altre realtà a cui si è dedicata con ardore e passione è stato il nascente gruppo di persone collegate al mondo della pedagogia.

Durante l’ultimo anno si era manifestata una grave malattia. Scriveva:

“Ieri mattina, appena saputa la diagnosi, ho subito accettato – senza fatica, per una grazia – la realtà di poter presto morire. Poi sono venute le pope e ho sperimentato che con Gesù in mezzo la vita va comunque avanti. Oggi ho sentito l’onnipotenza del chiedere in unità. E ci sto!”.

Le terapie che sono seguite hanno segnato delle tappe importantissime per la sua anima.

“L’esperienza di questo periodo è stata ed è costantemente – eccetto rarissimi momenti in cui sono stata io a distaccarmene o a perder quota, a volta inavvertitamente – quella della Famiglia vera che siamo, con una intensità davvero inimmaginabile che dà forza, pace, mette ali all’anima, fa capire cosa veramente vale”.

E ancora:

“Un giorno in particolare, in cui la paura sembrava prevalere, ho proprio chiamato col nome del mio sposo la mia malattia e subito è scattato un nuovo rapporto d’amore con Gesù Abbandonato con la gratitudine che adesso Lui può davvero essere sempre con me, basta che io gli corrisponda, per crescere sempre più in questo amore.”

Poi è arrivata la grazia della guarigione completa e, tornate le forze, la sua vita, raffinata dal lavoro di Dio e dal suo sì tutto nuovo, ha conosciuto una impressionante accelerazione, che ricorda quanto Chiara descrive nella via Mariae: una intimità profonda con Dio accompagnava un operare fruttuosissimo per il Suo Regno. Ogni realtà dell’Opera aveva posto nel suo cuore come ogni realtà dell’umanità che le viveva accanto. Sapeva esprimere a ciascuno un amore personalizzato: come il mazzo di fiori ad una giovane il giorno della sua laurea, un sms per dire grazie a una persona incontrata ‘per caso’, o come quando ci portava un articolo di giornale secondo l’interesse di ciascuna o sceglieva la parte da preparare nello studio che facevamo insieme, secondo le nostre attitudini. Lo confermano anche i suoi studenti, che ha seguito con passione fino al giorno prima di ‘partire’, quando li ha salutati per congedarsi per un periodo di aspettativa chiesto per poter assistere la mamma, che – in piena sintonia con i fratelli – aveva seguito con amore delicato in questi anni, come aveva fatto per il babbo..

Ma è soprattutto in focolare, nella nostra vita di unità che Alda è stata garanzia di quella carità che porta la presenza di Gesù in mezzo. La pagina della lettera di s.Paolo ai Filippesi, da cui è tratta la Parola di Vita che Chiara aveva scelto per lei, sembra il suo ritratto: “Rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità” (Fil. 2,2), che continua: “…  Non fate nulla per rivalità e vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” .

L’ultimo sms, inviato venerdì mattina, poco prima di sentirsi male, diceva a chi le aveva chiesto un favore:

“Questa notte ho dormito solo un’ora, ma se me la sento … volo”.

L’emorragia cerebrale, arrivata improvvisa e completamente imprevedibile, l’ha trovata pronta all’incontro con lo Sposo, Gesù. Come scriveva a Chiara in una delle sue lettere:

“Perché anche io ho il mio Paradiso, ma è quello nel cuore dello Sposo mio!”

Il telegramma di Emmaus, che annuncia a tutto il mondo ideale la sua partenza, termina con queste parole:

“… uniti alla sua famiglia, preghiamo per Alda, nella certezza che lei lo farà per noi e per tutta l’Opera. Unitissima, nel Risorto che lega Cielo e terra. Emmaus”