15.01.1921 – 24.04.2012 – Sacerdote focolarino
“E’ risorto, non è qui” (Lc 24,6)
Don Gino Rocca è nato a Bacedasco di Castell’Arquato, in provincia di Piacenza. A 11 anni e mezzo entra nel seminario di Parma spinto dal “desiderio di fare qualcosa per Gesù”.
Terminati gli studi superiori, per la sua pronta intelligenza e i molti talenti, viene inviato dal Vescovo a studiare all’Università Gregoriana di Roma.
Nel giugno del 1944 viene ordinato sacerdote e gli vengono affidati l’insegnamento della Sacra Scrittura in seminario, una parrocchia e l’assistenza dei giovani universitari cattolici (FUCI). Ed è proprio in un incontro degli universitari che Danilo Zanzucchi gli parla di “una signorina proveniente da Trento, la quale parlava di Gesù in un modo totalmente nuovo”.
Nel 1953 partecipa ad una delle prime Mariapoli sulle Dolomiti e incontra più volte Chiara:
“Di quei primi incontri – racconta – ricordo il nome nuovo che Chiara mi diede una mattina in cui le portai a casa la comunione perché era ammalata: mi chiamò ‘Cristoforo’, ossia portatore di Cristo; e poi mi diede come Parola di Vita: “È risorto, non è qui” (Lc, 24,6).
E il 5 agosto, giorno della Madonna della neve, Chiara lo accoglie “come focolarino”.
Dal 1956 i suoi rapporti si limitano all’incontro con don Silvano Cola e con d. Foresi come padre spirituale, e dopo che da parte della S. Sede arriva l’approvazione del Movimento, nel 1964 don Gino riprende pienamente i contatti con in cuore il crescente desiderio – diceva di:
“poter vivere la spiritualità dell’unità a tempo pieno, nei contenuti, nelle forme e nel metodo da essa richiesti ”.
E ciò si realizza – paradossalmente – per l’aggravarsi della sua situazione di salute: da qualche anno, infatti, gli era stato diagnosticato un glaucoma e lui stesso così ne parla:
“questa malattia è stata una prova intensa, ma anche la più grande opportunità per la mia vita, per rendermi davvero felice. Spogliato di tutto, anche dei miei studi, delle mie capacità, ho capito che la mia realizzazione stava nell’accettare quella misteriosa situazione in cui Dio mi aveva messo: se la voleva Lui, sarebbe andata bene anche a me”.
Così, proprio per il progressivo aggravarsi della perdita della vista, può essere esonerato dagli impegni in Diocesi e il 23 settembre 1965 arriva a Loppiano.
In questi 46 anni, impossibili da descrivere nella loro ricchezza, don Gino si è donato senza sosta, illuminando con la vita, parola e sapienza (tantissime le confessioni e i colloqui personali per esempio) il cammino di migliaia di giovani e adulti (e questo fino a poche settimane fa).
Ha tenuto corsi di Sacra Scrittura, di Teologia Dogmatica e poi di Teologia Spirituale e di Teologia Morale nelle scuole delle focolarine e dei focolarini e poi nelle altre scuole sorte negli anni. Molti i suoi interventi a corsi temporanei nella Cittadella, al Centro del Movimento o nella nostra Diocesi. Preziosa la sua collaborazione alla redazione della rivista culturale del Movimento (che prima si chiamava “Ekklesia” e poi “Nuova Umanità”) e al quindicinale “Città Nuova” sul quale ha tenuto per anni una rubrica seguitissima, rubriche pubblicate poi in due volumi ai quali si sono aggiunti quelli di esegesi sui Vangeli della liturgia domenicale.
Per anni, insieme ad altri componenti del Centro Studi del Movimento, ha collaborato in stretto contatto con Chiara, offrendo a lei materiale prezioso per i suoi temi e per il commento alle Parole di Vita.
A Loppiano don Gino ha sempre vissuto in un focolare dando il suo contributo anche alla vita concreta. Scrivendo a Chiara nel 1986, le confidava come il focolare gli apparisse sempre più nella sua “straordinaria bellezza” come la “culla per essenza di Gesù in mezzo”.
La cecità progressiva è stata vissuta da don Gino come occasione per ridire più volte il suo sì; nel dicembre del 1978 scrive a Chiara:
“… ho l’impressione che Egli mi voglia condurre a poco a poco allo spogliamento totale. Non ti nascondo che in certi momenti la prova è un po’ dura (…) Però nel fondo dell’anima sono contento. Credo che tutto è opera dell’amore particolare di Gesù per me, e Gli ripeto il mio sì, ed accetto questo progressivo mio sentirmi isolato dal mondo, questo mio lento morire giorno per giorno”. Chiara gli risponde: “Le sono unitissimo nella sua prova, soprattutto nei momenti in cui è più dura. Anche per me questo è un periodo in cui Gesù Abbandonato si è fatto più vivo e proprio giorni fa ho compreso con una folgorazione (…) che l’unica cosa che vale per l’Opera, non è il fare, il lavorare come penseremmo noi, ma il compiere la Sua volontà”.
Nel 1997, un incidente aggiunge alla prova della cecità anche un periodo di immobilità con operazioni e riabilitazioni che don Gino affronta con determinazione ed offrendo tutto per Chiara, per l’Opera e per la Chiesa.
In occasione del sessantesimo della sua ordinazione sacerdotale, facendo in bilancio della sua vita, in una lettera a Chiara scrive tra l’altro:
“… la mia unione con Gesù, con la Trinità, con Maria è costante, mi accompagna durante tutta la giornata…”.
Il 15 gennaio 2011, per i suoi 90 anni, tutta la cittadella di Loppiano gli si è stretta attorno qui alla Theotokos in festa e gratitudine, e mons. Solmi (che qualche mese prima era passato a Loppiano a trovarlo, in un caldo messaggio gli ha scritto:
“Carissimo don Gino, ho ancora negli occhi e nel cuore il bellissimo incontro che abbiamo avuto a Loppiano e ringrazio il Signore di quell’esperienza di unità e di comunione. Il Signore ti ha dato la Grazia di giungere alla meta dei novant’anni! Hai insegnato a tanti la Sacra Scrittura e tante volte hai parlato della benedizione di Dio: ora ti raggiunge con il compimento di questa meta e ti benedice con una lunga vita perché tu possa testimoniare la grandezza del suo amore e della sua misericordia. Un dono per tutti è la tua fedeltà al Signore, al sacerdozio che è gemmato, nel corso della tua esistenza, anche per la chiamata a far parte della comunità dei Focolari, con la quale ci sentiamo, anche per tuo tramite, nell’unità della comunione…”.
(e la sua presenza oggi qui testimonia queste sue parole!)
Nell’intervista apparsa su Città Nuova nel febbraio del 2011, parlando della morte don Gino diceva:
“Ci penso molto, ma con una grande pace e serenità; come sarà, quando sarà, mi interessa poco perché mi sento in pace con Dio. Se cerco di fare bene ciò che Lui mi chiede già nel momento presente, vivendo con fiducia e abbandono, sarò capace di fare lo stesso anche nel momento della grande prova finale. Poi, nel posto che Dio avrà scelto per me sono sicuro che starò bene”.