Gabriele Marsili

16.05.1941 – 08.07.2019  – Focolarino
“Sull’umile si posa il mio sguardo” (Is 66,2)

Gabriele Marsilii, focolarino italiano, ha concluso l’8 luglio a Loppiano il suo Santo Viaggio. Un grato ricordo per la sua vita è apparso subito su Città Nuova on-line ed è circolato spontaneo sui social.

Caratterizzano la sua personalità la decisa risposta alla chiamata di Dio e il rapporto con la Madonna, che ha espresso nella fitta corrispondenza e raccontando la forte esperienza in occasione dei suoi 50 anni di focolare: “Maria mi prese con Sé e nella Sua Opera”. Emerge inoltre il suo talento artistico che ha messo a frutto per 27 anni a Città Nuova.

Gabriele nasce a Pescara nel 1941 e fin da bambino avverte una forte passione per l’arte che lo conduce, dopo aver già conseguito un diploma, a frequentare anche il Liceo Artistico.

“L’arte era al primo posto dentro di me – scrive nel ’99 – Una circostanza dolorosa, però, ben presto spezzò questo incanto e mi costrinse a lasciare la scuola (anche se più tardi si rivelò per poco tempo). Piombai così nel buio e nel vuoto assoluti che fecero riemergere nella mia anima una domanda di fondo: perché esistevo? … Ma su queste ‘macerie’, tramite il Vangelo, Gesù si manifestò alla mia anima… E Gesù, col suo fascino unico, mi si piazzò talmente bene dentro che tutto il resto divenne da sé di contorno, arte compresa… Mi sembrò di capire che quanto avevo cercato nell’esperienza artistica era Dio, ed ecco che adesso l’avevo trovato!”.

Così Gabriele descrive poi l’incontro con il Movimento:

“Una volta avvertita la chiamata, nell’ottobre 1964 entrai in focolare, due mesi dopo aver ottenuta la maturità artistica. Non lasciai nel dolore solamente i miei genitori, ma anche diversi insegnanti che non capivano perché mai avessi deciso di ‘soffocare’ i miei talenti. Mentre io ero convinto di averne ricevuto uno più grande di tutti. Ebbe così inizio la nuova e divina avventura. Ma l’anima, configurata in un certo modo, molto spesso coglieva e gustava le verità dell’Ideale dall’obiettivo estetico. E ciò mi evitava qualsiasi rimpianto”.

Siamo agli albori di Loppiano e alla scuola Gabriele fa l’esperienza di allargare i suoi orizzonti. Nella sua anima “si fa sempre più vivo che solo Gesù Abbandonato è la chiave di tutto”.

Racconta ancora:

“A Città Nuova a Roma arrivai nell’estate del ’65 a 24 anni, completamente sprovveduto in materia editoriale… La macchina fotografica mi permise di assistere a vari momenti di fondazione dell’Opera. Specialmente negli anni ’69-’70 quando fioriva travolgente il Movimento Gen.

Scrive nel luglio del ’70:

“Vado riscoprendo e riassaporando in maniera nuova che cosa è Gesù Abbandonato… Mi sta ritornando forte nell’anima e vuole imprimersi e mi suggerisce di non stancarmi mai di rimanere (amandoLo) lì fermo, nei momenti in cui lo incontro… Ecco è lì che trovo Dio Assoluto e nessun’altra cosa mi tocca. Non so se sbaglio, ma ho pensato alla Desolata che forse più di tutti amò Gesù Crocifisso e Abbandonato e sicuramente quel Dio che la teneva ‘su’ scaturiva dal suo amore per l’Amore Abbandonato. Gli ho chiesto che nell’ultimo atto della mia esistenza mi desse la forza di offrirgli in dono tutta la mia vita. Gli ho chiesto, cioè, per quel momento la ‘luce’ del Suo Abbandono.”

Scrive ancora:

“Ho sentito al mio fianco una ‘presenza’ che gradivo moltissimo: Maria. Voglio che sia Lei ad accudire la casa, a consigliare e portare a Gesù, nostro Ideale, ciascun focolarino… Non voglio dimenticare mai quale grande valore abbia di fronte a Dio il più piccolo atto d’amore” (Roma 1972).

E molto si potrebbe dire dell’intensa vita di comunità e dell’amore profuso in molti cuori. Lo esprime bene una testimonianza che mi è giunta da Gaeta:

“Gabriele mi ha accompagnato … non solo come vero compagno di vita, ma come maestro, perché testimone… Se rileggo le decine di lettere che mi ha scritto… mi rendo conto che in tutti questi decenni non ha fatto altro che ripetermi che ciò che rimane veramente è l’amore che porgiamo agli altri, come Maria”.

Dall’ottobre ‘92 lo troviamo a Cagliari, in terra di Sardegna. Racconta:

“Mi buttai a lavorare con tutto me stesso per la comunità, adoperandomi perché tra le varie diramazioni ci fosse unità. Alla festa della mia partenza un volontario, davanti a tutta la sala colma, si espresse così: ci hai fatto diventare un popolo”.

Diversi giovani, grazie a Gabriele, hanno avuto il coraggio di rispondere alla chiamata di Gesù a seguirlo.

Nel ’98 arriva a Torino. Innumerevoli sarebbero le testimonianze di questi anni. Continua l’impulso profondo e luminoso che dà anche qui ai Gen della zona. Confida:

“L’Opera nella sua Sapienza mi ha sempre incantato e forse ancor più quando richiedeva e richiede sacrificio e dolore” (Torino 1999).

Intanto la salute di Gabriele, già un po’ precaria, va sempre più peggiorando. Nel 2015 si trasferisce a Milano dove vive una vita più ritirata, ma sempre in donazione, finché un anno fa viene invitato a Loppiano. La sua partenza per il Cielo avviene per un improvviso malore.