Giuseppe (Serdio) Ruggeri

22.03.1940 – 19.10.2020
“Riempite la terra e assoggettatela” (Gen 1,28)

Originario di Ghiare di Berceto (Parma), nella sua giovinezza si è trovato a vivere tra due fuochi: la religiosità semplice assimilata in famiglia e l’anticlericalismo tipico degli ambienti operai della sua Regione di quel tempo, ma confida:

“l’attrattiva per Dio è rimasta sempre predominante in me, anche se non frequentavo troppo la chiesa, anzi ne sono stato lontano”. 

Verso la metà del ’64 la sorella Lucia gli passa un libro di Igino Giordani dal titolo “Tre focolarini”. Racconta:

“L’ho letto tutto d’un fiato e sono rimasto molto stupito dal fatto che potessero esserci persone che vivevano il Vangelo in maniera così radicale. Subito ho cercato i focolarini di Parma… la loro vita mi attraeva”.

Nel ’65 partecipa alla Mariapoli di Merano che lo segna profondamente e visita poi la nascente cittadella di Loppiano:

“Lì ho visto la vita dei focolarini della scuola, ed ho sentito che ero chiamato ad essere santo. Il focolare, con tutto ciò che esso significava, mi attraeva fortemente, ma ero un operaio: non mi sentivo all’altezza, non mi sentivo degno di questa grande chiamata. Ho riflettuto a lungo e nell’autunno del ’66 decisi di andare a Loppiano per la scuola dei focolarini dove più i giorni passavano e più mi sentivo al settimo cielo, quasi trasportato in un’altra realtà”.

Al termine della scuola, a lui falegname di professione, viene proposto di andare nella cittadella di Fontem.

“Era l’8 dicembre del ’68, sono partito da solo, a mezzanotte, era la prima volta che mettevo piede su un aereo (…) non sapevo una parola d’inglese né di francese; per un disguido a Douala dovetti passare la notte alla Procura; poi un viaggio di 450 km in Land Rover pressoché impraticabile negli ultimi 50 chilometri. Finalmente l’arrivo a Fontem! Lì mi hanno accolto con una tale festa che ogni paura mi è passata e mi sono sentito a casa. Ma dov’era il villaggio che avevo immaginato? Le capanne erano disperse fra gli alberi, c’era tutto da costruire”. Poco dopo il mio arrivo, nel gennaio del ‘69 Chiara venne a Fontem e mise a fuoco la nostra missione lì: non solo risolvere il problema sociale (anche se lì per essere credibili occorreva costruire ospedali, case, etc.…) ma occorreva offrire una testimonianza di Dio”. Così scrive a Chiara: “Volevo ringraziarti di tutti questi giorni passati con noi (…) Oggi per me è un giorno memorabile (…) Tutta la Messa è stata una crescente unione con Gesù e a Lui (…) ho chiesto di offrire tutto me stesso perché tutti noi ci facessimo santi”.

Dopo Fontem va in Kenya alla Mariapoli Piero per dar vita a una nuova falegnameria dando una forte testimonianza e procurando gratis oltre 40 macchine per la lavorazione del legno; Chiara lo ringrazia e gli scrive “Dall’amore a Gesù abbandonato e ai fratelli non può che sgorgare vita e dare testimonianza!”. La sua donazione è stata piena anche nei periodi a Rawalpindi in Pakistan, a Kampala in Uganda, e in alcune città italiane, sempre al servizio.

Poi anni con problemi di salute in cui Dio l’ha preparato, giorno dopo giorno, all’incontro con Lui. E ci è arrivato pronto, con la lucerna accesa dell’unico vero Amore della sua vita.