Don Mario Bodega

15.09.1940 – 10.05.2019 – Parroco di San Vito

Per la sua riservatezza e anche per le sue condizioni fisiche, don Mario non avrebbe voluto presentarsi a papa Francesco il 10 maggio 2018 in occasione della sua visita a Loppiano. Lo convinse con amore paterno il Vescovo di Fiesole, S. Ecc. Mons. Mario Meini, che lo condusse personalmente e lo presentò al papa come parroco di Loppiano. E l’incontro avvenne sostenuto da un simpatico dialogo tra i due. “Sono un parroco malato, cammino con difficoltà e non riesco più a lavorare”. “Se non puoi lavorare in piedi, lavora seduto” fu la risposta del papa. Una battuta, diremmo, ma che per don Mario, educato dalla spiritualità di Chiara a vivere la parola evangelica “chi ascolta voi, ascolta me”, è risuonata come uno stimolo a superare un atteggiamento rinunciatario per continuare a condividere con chi lo affiancava la responsabilità della parrocchia fino alla fine, come Gesù che “avendo amato i suoi, li amò sino alla fine”.

Lo testimonia una comunicazione audio di qualche giorno fa con una focolarina rioperata recentemente a una gamba. Con voce flebile e affaticata don Mario le dice intercalando le parole con brevi silenzi:

Grazie per tutto, anche per il chiodo. Gesù ne ha avuti tre. Sono preziosi. Prezioso questo chiodo che si è rotto. Vedilo unito a quelli di Gesù. Lui è risorto. Chiedi la risurrezione anche per te. Solo continuare a credere. Grazie per le preghiere, per l’unità che ricambio. Teniamo Gesù in mezzo. Fammi sapere.”

Don Mario nasce il 15 settembre, memoria di Maria Desolata, dell’anno 1942, nel pieno della seconda guerra mondiale, a Lecco. La sua è una famiglia credente, laboriosa. Terminate le scuole elementari entra nel seminario diocesano. Una malattia, che si manifesta con dolori alle articolazioni, viene interpretata come “capriccio”. “Oltre al dolore, l’incomprensione” – commenta. Ma il momento più drammatico avviene quando Mario riceve la pagella della seconda bocciatura, temendo di non poter più continuare il seminario. “Con la pagella in mano, in un angolo della casa, fa cadere su quella pagella tutte le lacrime che aveva; nessuno può consolarlo, perché nessuno lo aveva capito”. La sorella gli si avvicina e gli porge un foglio. Mario riesce a mala pena a leggere il ritornello: “Va, dillo a Gesù”. E come dopo un temporale il cielo diventa sereno, Mario prende coscienza che c’è Gesù che lo capisce. Questo gli basta per dire: “Vado avanti”.

Trovata la causa di quella indisposizione e trovato il rimedio, gli studi proseguono senza altri ostacoli.

Durante il terzo anno di teologia viene in contatto con il Movimento dei Focolari attraverso il rettore del seminario minore, e alcuni focolarini da lui invitati a parlare ai seminaristi. Mario ebbe il coraggio di segnalargli un ragazzo con il quale c’erano contrasti e incomprensioni. “Il rettore lo richiamerà e tutto si acquieterà” pensava. La reazione del rettore fu di un grande ascolto, seguito da un grande silenzio; poi un’insolita costatazione: “Bisogna fare come Gesù che sulla croce dava la vita anche per i suoi persecutori. Questi lo prendevano in giro e lui ha continuato ad amarli”. Mario rimane spiazzato a tale risposta; soprattutto per la prima volta Mario capisce che il Vangelo non è solo da studiare, ma da vivere. Era quello che don Pino faceva: la sua vita era Vangelo vissuto.

Viene ordinato presbitero il 28 giugno 1968. Nei trent’anni trascorsi al servizio della Chiesa nella sua diocesi di Milano il Vescovo affida a don Mario diversi compiti. Sono anni nei quali si incontrano e si armonizzano attività pastorale e crescita nella vita di unità, o meglio ancora: spiritualità dell’unità che si incarna nella vita pastorale.

Nella prima parrocchia don Mario si rende subito conto che non c’è comunicazione tra i sacerdoti, tanto meno comunione. Scrive:

“Una situazione insopportabile. Se non avessi avuto altri amici con i quali condividere il Vangelo, sarei scappato da quella parrocchia. Ma si può sempre amare. L’amore vince sempre…”

E ben presto si crea una vera comunione tra i sacerdoti della stessa parrocchia.

In Collegio don Mario si rende conto della non facile situazione dovendo vivere una esperienza comunitaria con altri nove sacerdoti. Non smette di ricominciare ogni mattina ad amare ciascuno. Ma con uno in particolare gli riesce difficile, quasi impossibile. Non si arrende. Va in cappella da Gesù Eucaristia e gli dice: “Io non esco da questa cappella finché tu non mi dici come fai a voler bene a quel sacerdote”. E si mette in ascolto. La risposta non tarda a venire: “Ho scelto questo sacerdote come ho scelto te. Guarda le sue capacità, le sue doti…”. Tutto si illumina e si traduce in un invito a uscire a pranzo insieme, lui e quel professore, il 15 agosto, quando in collegio sono rimasti solo loro due. Da quel giorno il rapporto di amicizia diviene costante.

Don Mario aveva imparato in seminario a suonare l’armonica a bocca; quando nel tempo natalizio in ospedale rimangono solo gli ammalati più gravi, lui, il cappellano, passa di camera in camera suonando nenie natalizie, canti di Natale tra lo stupore e la gioia degli ammalati. “Adesso sì che è Natale” dicono, e qualcuno: “mentre lei suonava, non sentivo più il dolore”.

Infine nella parrocchia di Lecco di cui è parroco, don Mario privilegia i rapporti personali con ogni parrocchiano e questo porta frutti di amore reciproco e rende presente Gesù tra coloro che sono uniti nel suo nome. Gesù in mezzo diventa il parroco dal quale don Mario si lascia guidare e la parrocchia rifiorisce.

È dell’inizio di questo periodo la sua prima lettera scritta a Chiara.

“Carissima Chiara, sono contentissimo di scriverti. È la prima volta. Non l’ho fatto l’anno scorso perché si capisce che non ti volevo bene. Ti scrivo soprattutto perché ho capito che il Signore, in te, mi ama e mi ha amato moltissimo. Anche la Madonna, sai, mi ha amato tanto. Mia madre è molto devota alla Madonna Addolorata che si trova nella chiesa del suo paese natale di Pietramurata e io sono nato proprio il 15 settembre. Ma solo da tre anni sono nato veramente scegliendo Dio.

Due realtà vorrei soprattutto comunicarti perché la nostra unità sia più vera e cresca. La prima è un po’ la Parola di Vita che mi ha suggerito il Signore, svegliandomi un mattino dopo tanti giorni di svogliatezza. La frase è dal Salmo 118 (se non sbaglio) “Observantes vana et falsa, misericordiam suam dereliquerunt”. (seguendo realtà vane e false, hanno abbandonato la sua misericordia). L’ho sentita verissima e mi risolveva dalle mie miserie: guardare giornali, riviste, réclame di film. Succedeva proprio che avevo perso di vista l’Amore perdendomi dietro le cose vane. Ed è vero anche il positivo, l’opposto della frase: “observantes misericordiam suam, vana et falsa dereliquerunt” (seguendo la sua misericordia, hanno abbandonato le realtà vane e false), tutto perde quel richiamo, quell’attrattiva, anzi si sente che fa male. Vorrei chiederti se questa va bene come parola di vita, ma non vorrei occuparti ancora di più, perché già hai troppe cose da fare.

[…] Grazie Chiara, con te voglio ringraziare il Signore per quei sacerdoti di Milano (sono anch’io di questa diocesi) e di Genova che mi hanno comunicato l’Ideale.

Ciao Mario Bodega sacerdote”.

Chiara fa rispondere:

“Carissimo don Mario, perdoni se con tanto ritardo rispondo, a nome di Chiara alla sua lettera. Chiara la gradì molto e mi aveva incaricata di ringraziarla e di confermarle la Parola di Vita che lei le proponeva: “observantes Misericordiam suam, vana et falsa dereliquerunt”. Con moltissimi auguri e saluti.”

Qualche anno dopo arriva anche il nome nuovo: “don Mario” (= simile a Maria). Con questa spiegazione:

“E’ Maria infatti il tipo della creatura che non si appoggia a nulla e a nessuno, perché l’unico suo sostegno è Dio”.

Mantiene in questo periodo un rapporto stretto con don Silvano vedendo in lui la figura ideale del sacerdote focolarino e affidando a lui mensilmente il suo cammino spirituale.

Gli altri 20 anni di sacerdozio sono vissuti da don Mario a servizio della Chiesa nel Movimento dei Focolari, Opera di Maria.

Fu il cardinal Martini a fargli la proposta di lasciare la diocesi per un periodo di tre anni e mettersi a disposizione del Movimento dei Focolari per le necessità delle diramazioni sacerdotali. Don Mario rimane sorpreso. In realtà Piero Coda, amico del cardinale, aveva rivolta a lui la richiesta di disponibilità di un altro sacerdote.

Per 11 anni don Mario collabora con don Lino e altri sacerdoti a costruire e a consolidare la realtà dei sacerdoti volontari del Movimento.

La vicinanza al Centro dà a don Mario la possibilità di fare esperienze significative insieme a tutti i membri dell’Opera e di intessere con Chiara un rapporto personale da figlio a mamma. A lei invia ben 135 lettere per comunicare a Chiara, chiamata dal 1975 in poi “mamma”, quanto gli nasce in cuore dopo aver ascoltato le sue parole. Ecco, tra le tante, alcune espressioni che dicono gratitudine.

“Grazie mamma, mi hai portato con te in sala al Centro Mariapoli: “nell’incanto del primo Amore”, nella tua scia di Luce una costellazione! Nel tuo “sì” anche il mio “voglio” certo della immacolatizzazione nel tuo fuoco d’amore”.

Sempre di più don Mario si convince che l’Opera di Maria è in realtà Maria all’opera.

Giungono intanto tre nuovi sacerdoti al Centro dei sacerdoti volontari e contemporaneamente si rende necessario provvedere alla nomina di un responsabile della parrocchia di san Vito a Loppiano. Don Mario si rende disponibile e nel 2009 raggiunge la Pieve.

Qui don Mario svolge il suo servizio pastorale cercando di creare una più profonda comunione tra gli abitanti della cittadella, i parrocchiani che non vivono la spiritualità dell’unità e gli studenti e i docenti dell’Istituto Universitario Sophia. Diventa in tal modo lungo gli anni un punto di riferimento per una moltitudine di persone che trovano in lui una guida sicura per il loro cammino spirituale o un consigliere illuminato per indicare strade percorribili nelle situazioni complesse della vita.

Il suo influsso ha raggiunto anche luoghi lontani da Loppiano, dove più acuta è la sofferenza.

Dispiaciuto per non aver avuto il permesso di presenziare al funerale di don Mario, un detenuto del carcere di Bollate ha fatto pervenire una sua lettera nella quale esprime gratitudine per la sua costante vicinanza e per avergli fatti ritrovare Dio, dal quale pensava di essere stato abbandonato.

“Se adesso ho questa Grazia è grazie a te che, già malato, sei venuto incontro a me, mi hai abbracciato, mi hai suonato l’inno alla gioia con la tua armonica a bocca e mi hai fatto capire che non tutti passano accanto per dare giudizi. C’è anche chi ama e basta”.

Ma questo è il periodo in cui si manifesta la malattia degenerativa del morbo di Parkinson. Quando ha la certezza che si tratti di tale malattia si reca sulla tomba del Cardinal Martini, anch’egli provato dalla stessa malattia. Da lui si sente dire con chiarezza: “il tuo nuovo percorso è per un cammino di santità, nella volontà di Dio, con perseveranza”. 

Nel mese di giugno del 2018 don Mario celebra il 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Si fa una grande festa qui a san Vito, animata dal Gen Verde, tanto presente nel cuore di don Mario. Emmaus di ritorno da Manila scrive a don Mario:

“Mi congratulo di cuore per i suoi 50 anni di sacerdozio. […]Mi hanno dato particolare gioia le parole che mons. Meini ha pronunciato durante la cerimonia al santuario della Theotokos. Esprimono una vera riconoscenza per il suo contributo di amore e di fraternità dato alla Chiesa locale”.

Un milanese DOC e un focolarino DOC, aveva detto il Vescovo in quella occasione riferendosi a don Mario.

“Senza perdere la propria identità, si è fatto tutto a tutti. Grazie don Mario”.

 

Lasciamo che le ultime parole ce le dica ancora don Mario con una poesia scritta il 24 aprile scorso. Si intitola:

Il posto sicuro
Ci sarà un posto
anche per me lassù?
Vado a prepararvi un posto
E preghi il Padre anche per noi
perché dove tu sei possiamo
(Tu lo vuoi)
essere anche noi (Gv 17)

 

E per concludere il video dell’ultimo saluto a don Mario Bodega con l’omelia di Mons. Meini e il profilo tracciato da don Natale Monza, suo amico di una vita.